non avendo specificato le sue perplessità inerenti il c.d. metodo tipologico, possiamo in primo luogo riassumerle alcuni concetti utili:
Con la locuzione nomen iuris si indica la qualificazione del rapporto di lavoro che le parti hanno manifestato nell’accordo (es. rapporto di lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo). Al fine di qualificare un rapporto di lavoro come subordinato o meno e, soprattutto, perseguendo l’intento di contenere la tendenza espansiva del lavoro subordinato, la dottrina è intervenuta modificando l’approccio dell’intera questione definitoria. Due sono stati e sono gli orientamenti seguiti: il metodo sussuntivo e quello tipologico. Secondo i fautori del metodo sussuntivo per qualificare un rapporto di lavoro come subordinato è necessario confrontare la fattispecie concreta (il rapporto concreto) con la fattispecie astratta, se dal confronto la fattispecie concreta risulta in tutti i suoi elementi riconducibile alla fattispecie astratta, allora il rapporto potrà essere configurato come un rapporto di lavoro subordinato. Secondo i fautori del metodo tipologico è invece sufficiente che la fattispecie concreta oltrepassi una certa soglia di avvicinamento alla fattispecie astratta; pertanto non è necessaria la presenza di tutti gli indici di subordinazione, ma di tanti e significativi indici tali da rendere possibile un giudizio di prevalenza del tipo di lavoro subordinato su quello autonomo.